La sindrome dell’intestino irritabile (IBS Irritable Bowel Syndrome) si sta diffondendo sempre più nei paesi industrializzati colpendo in particolare il sesso femminile con un’incidenza nella popolazione di circa il 20%, prevalentemente nella fascia di età dai 20 ai 50 anni.
È un disturbo funzionale caratterizzato da dolore addominale, meteorismo e modifiche della frequenza e qualità dell’alvo, con alternanza di stitichezza e diarrea e normalmente migliora con l’evacuazione.
La diagnosi viene condotta per esclusione in quanto gli esami ematochimici non presentano alterazioni significative riconducibili ad una patologia organica. Questa sindrome può essere anche molto invalidante per chi ne soffre e interessa moltissimo le vie di comunicazione dell’intricato asse cervello-intestino-microbiota, coinvolgendo il cervello enterico ed il cervello superiore, tanto che fino a non molto tempo fa veniva catalogata come “patologia psicosomatica”.
La via di comunicazione più interessata sembra essere quella della serotonina, un neurotrasmettitore prodotto in prevalenza nel nostro intestino: circa il 95%. Sia il metabolismo del triptofano sia la funzione serotoninergica sono alterati negli individui che soffrono di questa sindrome.
Il rivestimento del nostro intestino, l’epitelio intestinale, è costituito da un singolo strato di cellule. Gli enterociti sono le cellule maggiormente presenti e sono disposti come una vera e propria barriera che impedisce il passaggio del contenuto del lume intestinale nei tessuti più interni.
Queste cellule interagiscono direttamente con il sistema nervoso enterico e con il sistema nervoso centrale. Gli enterociti sono inoltre coinvolti nella sintesi, nello stoccaggio e nel rilascio della serotonina. Qualsiasi cambiamento nella via di comunicazione della serotonina può causare un’alterazione della funzione intestinale, specialmente se si considera che questa via, governata dagli enterociti, controlla molte funzioni gastrointestinali, quali la secrezione, la vasodilatazione, la peristalsi e percezioni sensoriali come dolore e nausea.
La precisa causa di questo malessere è ignota sebbene siano stati descritti alcuni fattori predisponenti. Vi sono fattori biologici come la predisposizione e la suscettibilità individuale, pregresse infezioni intestinali, intolleranze alimentari e fattori psico-sociali che coinvolgono aspetti cognitivi ed emotivi. L’andamento è cronico con carattere fluttuante e nel corso degli anni i periodi di riacutizzazione si associano comunemente ad episodi di forte stress psicofisico e all’assunzione di determinati tipi di alimenti.
Come si può prevenire
La miglior prevenzione è sempre una corretta alimentazione ed un corretto stile di vita. In caso di stipsi dobbiamo incrementare la quantità di acqua che beviamo, possibilmente alcalina, e la quantità di fibre solubili e insolubili presenti in frutta e verdura.
Anche in presenza di dissenteria l’acqua è fondamentale ma va ridotto al minimo l’apporto di fibre. Se presente un gonfiore importante e fastidioso dobbiamo eliminare cibi che possono fermentare nel nostro intestino in particolar modo gli zuccheri e le bevande gassate.
Numerose ricerche correlano i fattori di rischio di questa sindrome con squilibri ormonali, presenza di iperalgesia viscerale, presenza anche della SIBO, sindrome da proliferazione batterica intestinale.
Le persone che soffrono di sindrome dell’intestino irritabile presentano spesso una disbiosi intestinale e un quadro di infiammazione subclinica, così come una forma di intolleranza al glutine definita “gluten sensitivity” e di intolleranza al lattosio.
La disbiosi è un’alterazione dell’equilibrio dei vari ceppi batterici presenti nel nostro intestino che deriva spesso dall’alimentazione scorretta. Ci sono numerosi alimenti che contengono principi nutritivi molto importanti, ma purtroppo oggi la produzione industriale abbatte buona parte dei nutrienti presenti nel cibo, come le vitamine e gli antiossidanti.
Per una corretta alimentazione dobbiamo preferire cibi biologici, freschi e di stagione ed eliminare latte vaccino, sale, zucchero e farine bianche raffinate spesso causa di disbiosi. L’assunzione di prebiotici, fibre che promuovono la crescita dei nostri batteri intestinali, può essere controindicata nella sindrome dell’intestino irritabile per la possibilità di avere un peggioramento della sintomatologia.
Utili invece i probiotici, appartenenti ai generi Lactobacillus e Bifidobacterium, i cui benefici sono molti. Modulano la risposta immunitaria e infiammatoria, stimolano i meccanismi di difesa locali e sistemici, migliorano la sintomatologia di molte malattie infiammatorie intestinali e patologie gastriche, hanno un’azione detossificante oltre al ripristino dell’eubiosi.
I probiotici devono rispondere a requisiti molto importanti: devono essere ceppi umani, cioè biocompatibili con il nostro intestino e il nostro microbiota nativo, devono essere somministrati ad alte UFC (unità formanti colonie), non devono essere antibiotico-resistenti e devono resistere alla barriera acida dello stomaco.
Basilare per rimanere in salute è aver cura dell’ambiente in cui viviamo.
Non solo acqua, cibo, aria ma anche l’ambiente delle emozioni, della storia individuale e delle relazioni perché tutto è energia. Un buon lavoro condotto sulla mente attraverso tecniche meditative determina importanti trasformazioni anche a livello corporeo, anche se non è chiaro se i disturbi psicopatologici inducano la sindrome dell’intestino irritabile o viceversa.
Essendo una sindrome molto complessa, non utilizziamo il “fai da te” e non seguiamo i consigli delle amiche ma affidiamoci a medici competenti che ci possano seguire in tutte le varie fasi. Molto spesso un lavoro profondo sullo stile di vita, sulle abitudini alimentari con l’impostazione di un programma nutrizionale calibrato sulla persona mediante l’aiuto di un professionista, possono essere risolutivi all’interno del quadro clinico.
Fonti: