È stato rilevato che le persone con Sclerosi Sistemica hanno, rispetto alle persone sane, livelli più elevati di batteri che possono causare infiammazioni e livelli inferiori di batteri che proteggono dall’infiammazione.
Questo è ciò che è emerso in un nuovo studio condotto da ricercatori dell’Università UCLA e di Oslo.
Cos’è la sclerosi sistematica?
La Sclerosi Sistemica, nota anche come sclerodermia, è una malattia autoimmune che colpisce il tessuto connettivo del corpo. È caratterizzata da un indurimento della pelle e può progredire in infiammazioni e cicatrici negli organi come i reni, il cuore, i polmoni e il tratto gastrointestinale.
La ricerca
Questo studio è il primo ad esaminare la composizione batterica gastrointestinale in due gruppi indipendenti di persone con Sclerosi Sistemica. La precedente ricerca condotta da UCLA aveva rilevato un legame tra la malattia e lo squilibrio nel microbioma intestinale e aveva suggerito che questo squilibrio contribuisse ai sintomi della sclerodermia.
I ricercatori hanno studiato 17 adulti con sclerosi sistemica da UCLA, 17 dall’ospedale universitario di Oslo e 17 adulti sani come gruppo di controllo. Tutti i partecipanti hanno fornito campioni di feci, che i ricercatori hanno esaminato per determinare il tipo e la quantità di batteri specifici presenti.
I risultati
Le persone con sclerosi sistemica avevano livelli significativamente inferiori di batteri intestinali ritenuti protettivi contro l’infiammazione, come il Bacteroides, il Faecalibacterium e il Clostridium. Hanno anche avuto livelli significativamente più elevati di batteri che promuovono l’infiammazione, come il Fusobacterium (UCLA), rispetto a quelli del gruppo di controllo.
I risultati possono aiutare a far luce sulla causa della sclerosi sistemica inoltre suggeriscono che il ripristino dell’equilibrio batterico dell’intestino, con la modifica della dieta e l’assunzione di probiotici, possa ridurre i sintomi gastrointestinali e migliorare la qualità della vita in pazienti.
Fonti:
http://bmjopengastro.bmj.com/doi/10.1136/bmjgast-2017-000134