Che l’intestino sia il nostro secondo cervello è ormai qualcosa di noto ma che un intestino malandato possa anche contribuire ad ictus cerebrali non ce lo si aspettava. Eppure recenti ricerche hanno suggerito questo nuovo collegamento tra intestino e cervello.
La distruzione dell’asse intestinale con il cervello contribuisce a una vasta gamma di malattie, tra cui il morbo di Parkinson e la sindrome dell’intestino irritabile. Cinque anni fa, un paio di studi hanno dimostrato che un’elevata assunzione di sale porta a profondi cambiamenti immunitari nell’intestino, con conseguente aumento della vulnerabilità del cervello a processi autoimmuni, ossia quando il sistema immunitario attacca le proprie cellule e tessuti sani per errore. Sembra quindi che l’intestino possa comunicare con il cervello anche attraverso un asse immunitario.
I risultati delle nuove ricerche sul collegamento intestino – cervello
Ora una nuova ricerca mostra un’altra connessione: i segnali immunitari inviati dall’intestino possono compromettere i vasi sanguigni del cervello, portando a un deterioramento della salute del cervello e ad un deterioramento cognitivo.
Sorprendentemente, la ricerca svela una connessione intestino-cervello precedentemente non descritta e mediata dal sistema immunitario.
Tutto questo indica che un eccesso di sale potrebbe avere un impatto negativo sulla salute del cervello negli esseri umani non solo perchè aumenta la pressione ma anche perché porta alla compromissione dei vasi sanguigni del cervello indipendentemente dal suo effetto sulla pressione sanguigna.
Si aprono le porte a nuove strategie terapeutiche
Questa ricerca propone nuovi obiettivi terapeutici per contrastare l’ictus e la disfunzione cognitiva. Ridurre l’assunzione di sale è auspicabile poiché quasi tutti gli adulti consumano più sale del necessario: in media vengono consumati dai 9 ai 12 grammi al giorno mentre i livelli massimi raccomandati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità sono di 5 grammi.
Nonostante questi studi siano stati condotti solo su animali da ricerca, gli scienziati ritengono che sia molto probabile che lo stesso principio si applichi alle persone.
Le implicazioni di questa connessione intestinale appena identificata si estendono a diverse malattie autoimmuni, tra cui la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide, la psoriasi e la malattia infiammatoria dell’intestino, tutte malattie che hanno dimostrato di attivare la stessa via di segnalazione immunitaria implicata in questo studio.