La stimolazione magnetica transcranica aiuta a sconfiggere l’obesità modificando il microbiota intestinale.
A sostenerlo sono i ricercatori di IRCCS Policlinico San Donato e Università Statale di Milano. Lo studio italiano è stato presentato ad Orlando al 99° meeting della Endocrine Society e dimostra per la prima volta l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica profonda nel modificare i batteri intestinali, il cosiddetto “microbiota”, favorendo la perdita di peso nei soggetti obesi.
Cos’è la stimolazione magnetica transcranica?
La stimolazione magnetica transcranica profonda è una tecnica non invasiva in cui il paziente indossa una sorta di casco leggero che applica dall’esterno una sollecitazione elettromagnetica a differenti regioni del cervello. Ad oggi viene utilizzata in ambito neurologico e neuropsichiatrico, per la terapia di emicranie resistenti ai trattamenti farmacologici, depressioni maggiori, dipendenze e alcuni disturbi motori.
L’esperimento
Il gruppo di ricercatori guidato da Livio Luzi, responsabile dell’Area di Endocrinologia e Malattie Metaboliche dell’IRCCS Policlinico San Donato e Professore Ordinario di Endocrinologia all’Università degli Studi di Milano aveva già riscontrato l’efficacia della stimolazione magnetica transcranica profonda nel ridurre il desiderio di cibo. In questa nuova ricerca, finanziata dal Ministero della Salute Italiano, sono stati coinvolti 14 soggetti obesi, dai 22 ai 65 anni, con un indice di massa corporea compreso tra 30 e 45. I pazienti, suddivisi casualmente in due diversi gruppi, sono stati trattati per 5 settimane o con 15 sessioni di stimolazione cerebrale diretta all’insula e alla corteccia prefrontale (3 volte a settimana), o con una stimolazione fittizia, in modo da avere un gruppo di controllo.
Diminuzione del peso e aumento dei batteri intestinali “buoni”
Dopo le 5 settimane di trattamento, i soggetti a cui era stata erogata la terapia avevano perso più del 3% del loro peso e più del 4% del loro grasso corporeo, in misura significativamente più elevata rispetto ai pazienti del gruppo di controllo. Le analisi effettuate hanno inoltre mostrato nei soggetti trattati quantità significativamente aumentate di diverse specie di “batteri buoni”, con proprietà antinfiammatorie, che si trovano normalmente nel microbiota degli individui in salute. Ugualmente sono risultati migliorati diversi parametri ormonali e metabolici – livelli di glucosio, insulina, ormoni pituitari e norepinefrina – che giocano un ruolo chiave sia nella regolazione dello stimolo della fame, sia nella composizione del microbiota.
Fonte:
Università degli Studi di Milano
IRCCS Policlinico San Donato